Le retrocessioni e le risalite in Serie A

Nella cinquantenaria storia dei Cagliari Club non sono mancate le
delusioni sportive, spiacevole ma inevitabile complemento di
qualsiasi avventura vissuta a 360 gradi. Il tifo rossoblù non si è mai
sottratto ai destini della squadra del cuore, anzi a detta di tutti i
suoi storici componenti è proprio nei momenti più difficili che il
ruolo degli appassionati diventa più importante e meno scontato.
Così la banda di Marius non smise di suonare e anzi lo fece ancora
più forte quando nel 1976 terminò di fatto l’insuperabile carriera
di Gigi Riva e contestualmente il Cagliari scese in Serie B. Tre anni
di cadetteria passati sugli spalti del Sant’Elia a incitare la squadra
che poi, timonata da Mario Tiddia, tornò in Serie A per piazzarsi
subito nella parte sinistra della classifica. Ancora più difficile il
periodo centrale degli anni ’80, con una nuova retrocessione e una
situazione societaria a dir poco difficile. I rossoblù dopo 35 anni
furono costretti a calcare di nuovo i campi della Serie C, fino a
quando i fratelli Orrù alla presidenza e un giovane allenatore
sconosciuto di nome Claudio Ranieri decisero di dare una nuova
svolta alla storia del calcio sardo. Indimenticabile il doppio salto
con cui il rossoblù tornò a sventolare nella massima serie, con un
Sant’Elia che rinnovava le generazioni del tifo e trasferte epiche
come quella di Pisa per la promozione matematica in Serie A nel
maggio del 1990 o quella di un anno prima sul campo della Spal,
dove capitan Bernardini e compagni ipotecarono la Coppa Italia di
Serie C.

Una delle navi in partenza per lo spareggio di Napoli

Le docce scozzesi sono poi proseguite a fine anni ’90, con il
dolorosissimo spareggio perso contro il Piacenza: una delle pagine
più nere, quella sconfitta sul campo “neutro” di Napoli, ma ancora
una volta una prova di partecipazione popolare straordinaria. Dal
porto di Cagliari partirono navi affollate di tifosi e completamente
colorate di rossoblù, immagini che restano nella memoria a
distanza di decenni. L’anno successivo fu il Cagliari di Giampiero
Ventura a rimettere le cose a posto, anche se dopo sole due
stagioni ci fu una nuova retrocessione da affrontare, e stavolta per
rialzarsi servirono quattro campionati e l’arrivo di un campione
sardo come Gianfranco Zola. L’ultima delusione, vicinissima nel
tempo, è quella del 2015; ancora una volta il purgatorio è durato
poco, il Cagliari e i suoi tifosi sono di nuovo in Serie A.

Tifosi nel 2016 il riscatto un anno dopo vincitori del Campionato di B.

Fra i volti che è facile incontrare passando a trovare i Cagliari Club
nella loro sede di via Ariosto c’è quello di Franco Ricotta, lo sbandieratore.
È bello ripensare ricorda Roberto Satta i tempi in cui Marius era ancora
una presenza fissa, o a quando il compianto Nenè partecipava a
tutte le manifestazioni dei club. Ad esempio una visita di
due giorni a Coverciano insieme proprio al campione brasiliano e a
Tore Saba». Satta è sempre presente a Elmas quando atterrano
calciatori e allenatori del Cagliari, in tanti anni ha avuto modo di
tenere da vicino il polso del tifo rossoblù: «Ne ho visti passare
tanti, tantissimi. Ricordo arrivi epocali come quello di Gianfranco
Zola, ma devo dire che di recente sono rimasto colpito
dall’accoglienza trionfale che la gente ha voluto tributare a
Leonardo Pavoletti o l’arrivo di Radja Nainggolan: impressionante. Sono rimasto
stupito per le dimensioni della folla, ma non certo per l’entusiasmo
del popolo cagliaritano che risponde sempre presente». Altra figura legata al Centro Coordinamento è quella di Sergio Lai, che per oltre quattordici anni ha svolto per la Cagliari calcio il ruolo di tecnico audio e speaker dello stadio. Oggi è il responsabile social, che non manca mai di fare una visita alla sede di via Ariosto.

LA SEDE


Oggi chiunque passi dalle parti di via Ariosto non può non notare
la sede del Centro Coordinamento Cagliari Club, un cuore rossoblù
che pulsa forte al centro della città. Ogni giorno è un continuo
viavai di tifosi e semplici curiosi che fanno capolino e poi si
perdono in mezzo a centinaia di foto storiche, bandiere, striscioni
e maglie. È un viaggio nella memoria che parte dagli albori della
società e arriva ai giorni nostri ripercorrendo ogni capitolo
dell’almanacco rossoblù. Volto per volto, numero per numero, ci
sono tutti: presidenti, giocatori, allenatori e tifosi che hanno unito
per un giorno o per una vita le loro vicende a quelle del Cagliari.

Ingresso della sede
la tromba della banda di Marius

Racconti tra fede e passione


Spesso e volentieri quando si parla di passione sportiva la si chiama
fede ma sottolineando l’iniziale minuscola per non confonderla
con la spiritualità; a volte però sono entrambe profonde e vanno a
braccetto. Un esempio è stato, per lungo tempo, fra Igino da
Siurgus Donigala (al secolo Eugenio Boi), recentemente scomparso
all’età di ben 102 anni. Nato nel 1915, dunque cinque anni prima
che vedesse la luce il Cagliari Calcio, indossò il saio francescano alle
soglie della maggiore età e spese la sua lunga vita in preghiera,
spesso accanto a fra Nicola da Gesturi. Non mancava però di
interessarsi alle vicende della squadra rossoblù, di cui era tifoso
appassionato: per il suo centesimo compleanno il club gli fece
omaggio di una maglia personalizzata, consegnatagli proprio da
una delegazione dei Cagliari Club. Una figura legata ai colori
rossoblù e a un calcio d’altri tempi, da buon francescano infatti non
amava la deriva del business calcistico moderno e non mancava di
richiamare ai valori essenziali dello sport.

A confermare l’armonia possibile fra fede e passione è la storia di
don Carlo Rotondo, sacerdote nato e cresciuto a Cagliari, che nella
sua vita è sempre stato vicino ai colori rossoblù. Dall’oratorio alla
gloriosa creazione del primo Cagliari Club africano, fino a benedire
la prima pietra della Sardegna Arena. «A sei anni ho assistito
all’Amsicora alla conquista dello Scudetto, ricordo bene quando da
ragazzo giocavo nei campetti indossando la maglia numero 11 di
Gigi Riva – racconta don Carlo – Nel 1994, da missionario, partii per
il Kenya e oltre alle attività parrocchiali volli proporre quelle di un
oratorio. Insieme a musulmani e protestanti trovammo lo sport
come terreno di dialogo, così nacque la Polisportiva Nanyuki. Un
anno dopo entrai alla scuola Inooro come insegnante di
educazione fisica e diventai l’allenatore della squadra di calcio, che
arrivò alle finali nazionali per le scuole secondarie. Allora mi venne
l’idea di fondare una squadra di calcio che raggruppasse i migliori
ragazzi provenienti dalle scuole: la Nanyuki Top Life in appena
quattro anni salì dalla categoria municipale fino alla Serie B
kenyota. Nel frattempo grazie ai regali provenienti dal Cagliari e
dai La Pola avevo vestito i ragazzi della Nanyuki con le maglie
rossoblù, e durante uno dei miei rientri in Italia entrai in contatto
con il Centro Coordinamento Cagliari Club. Prese vita così il primo
Cagliari Club africano, con dei ragazzi che in mezzo alla savana si
interessavano dei destini della squadra rossoblù. Facevo il
missionario per la fede ma anche per la passione verso il Cagliari:
nella missione di Nanyuki sul pennone più alto sventolava la
bandiera rossoblù».

Don Carlo alla posa della prima pietra della Sardegna Arena
Due immagini dell’avventura africana di don Carlo